Seguendo il filo dei pensieri, risvegliati dal canto degli uccelli, la sua vita gli appare un seguito d’occasioni mancate. [Palomar]

Quando mi chiedono quale sia il mio scrittore preferito, ho sempre un po’ di difficoltà a rispondere. Perché è una domanda stupida.

Non esiste uno scrittore preferito, non esiste un libro preferito. Può esserci uno scrittore, che se dovessimo scegliere tra altri, sarebbe la nostra prima scelta, ma non vuol dire che sia il nostro preferito. Né che tale scelta rimanga immutata nel tempo.

A volte dipende da cosa ci stia riservando la nostra vita in quel momento, quale libro stiamo leggendo e cosa ci ha spinto a sceglierlo tra gli altri.

Ma se torno con la mente ai libri che ho letto nella mia vita (che non saranno tanti, ma che hanno lasciato in qualche modo segno del loro passaggio) c’è qualcosa che mi fa pensare, una specie di costante.

L’ammirazione, pura, per il modo di scrivere di Italo Calvino, la sua forma, il coraggio dei suoi contenuti.

Lo pensavo a 11 anni, quando ho letto la sua trilogia degli antenati.

Lo pensavo a 17, quando è tornato nella mia vita con le Cosmicomiche e Se una notte di inverno un viaggiatore.

Lo pensavo qualche anno fa quando, quasi per sbaglio, ho letto Lezioni Americane.

E lo penso tuttora, dopo aver letto del signor Palomar, del suo modo di vedere le cose, quelle di tutti i giorni, quelle un po’ insolite.

Il suo guardare e amare le giraffe, perché la loro andatura, il loro equilibrio instabile riflette quasi il suo cercare un equilibrio nella vita di sempre.

Le sue difficoltà ad avere a che fare con le altre persone, col mondo che lo circonda.

L’impossibilità di uniformarsi, di “arrendersi” in qualche modo alla sua diversità, l’invidia per chi ha un comportamento normale, per chi riesce ad affrontare la vita come lui non riesce a fare.

Quando credete di saper scrivere, di scrivere belle storie, provate a leggere Calvino.

Titolo: Palomar

Autore: Italo Calvino

Edizione: Mondadori, edizione Kindle